UNA COOPERAZIONE POSSIBILE ?
“TRANSAQUA – una idea per il Sahel”, negli ultimi decenni, è stata menzionata e dibattuta in diverse Conferenze sulla crisi idrica mondiale e ne è stato interamente pubblicato il testo, sia in lingua inglese che in italiano, diffondendone la conoscenza in campo internazionale, generalmente raccogliendo positive reazioni.
Ma l’ostacolo maggiore all’avanzamento del progetto è sempre stato il notevole impegno finanziario richiesto per passare dall’”idea” ad un Progetto di fattibilità.Occorre infatti ricordare che – trascorsi circa trent’anni dalla formulazione dell’ “idea” - le verifiche necessarie sono numerose e importanti nei loro principali ed essenziali aspetti geopolitici, tecnico-economici, finanziari e sociali, molto sinteticamente riassumibili nelle problematiche seguenti, per non menzionare che le più macroscopiche:
- Aggiornamento sulle volontà e situazioni politiche dei Paesi interessati;
- Aggiornamento sui regimi idrici dei più importanti fiumi interessati;
- Studio del tracciato del canale in scala almeno 1:100.000 e individuazione dei siti più idonei per la creazione di invasi e di porti fluviali;
- Studio sulla convenienza tecnico-economica circa la lunghezza del canale, in funzione del numero e dell’apporto idrico di ogni singolo affluente del fiume Congo intercettabile lungo il suo percorso ed effettiva quantità di acqua trasferibile nel bacino del Ciad nelle diverse alternative;
- Fattibilità tecnica ed individuazione del sito per la realizzazione dell’”Area di Scambio Polifunzionale” prevista nel territorio della Repubblica Centrafricana;
- Studio del Fiume Chari e individuazione di siti per la creazione di invasi.
Le difficoltà di reperimento dei finanziamenti necessari per accertare i preliminari elementi di fattibilità sono certamente molto importanti, ma sicuramente oggi molto meno costosi e impegnativi di trent’anni orsono, grazie alle mutate strumentazioni e tecniche di indagine oggi a disposizione. Occorre considerare che Progetti continentali come TRANSAQUA e INTERAFRICA sono i soli – se fattibili – capaci di arrestare il grave degrado africano. La “grandiosità” dei progetti è appena all’altezza della enormità dei problemi del Continente.
Per affrontare e promuovere questo tipo di Progetti panafricani, potrebbero forse essere proficuamente coinvolti organismi quali il NEPAD ( New Partnership for Africa’s Development) costituitosi piuttosto recentemente per l’iniziativa di importanti Paesi africani che si propongono ai Paesi donatori come veri e propri Partners nella realizzazione e nella gestione degli interventi.
Oltre agli africani, i maggiori interessati al Progetto dovrebbero essere gli europei e, in primo luogo, l’Italia, ponte tra Europa ed Africa.
I notevoli investimenti necessari per la realizzazione dei Progetti potrebbero essere supportati da uno o più Consorzi internazionali fra Paesi europei e africani co-interessati alle intuibili enormi implicazioni economiche ed ai grandiosi vantaggi sociali, e politici che la realizzazione di un tale imponente complesso di opere trascinerebbe con se.
TRANSAQUA e INTERAFRICA potrebbero diventare il più grande polo di sviluppo africano - forse uno dei più grandi del pianeta – che potrebbe impiegare, nella realizzazione e successiva gestione, mano d’opera e attività professionali diversificate locali provenienti da tutti i Paesi del continente. Potrebbe offrire a diverse generazioni di africani un enorme mercato del lavoro senza costringerli a tentare la carta dell’Europa – mercato del lavoro spesso durissimo per gli africani sradicati dal proprio ambiente naturale e culturale – realizzando nel loro continente, sia pure con le inevitabili differenze dovute ad etnie e culture diverse, ma pur sempre africane, una serie di modelli di sviluppo locali generati da questa grandiosa infrastruttura interafricana.
Quasi trent’anni sono andati perduti – perlomeno agli effetti di una verifica di fattibilità – durante i quali Europa e Africa hanno pagato elevatissimi costi economici e politici, ma soprattutto umani, conseguenti all’esodo quasi biblico che ha condotto, e conduce, quelle popolazioni disperate dalla mancanza di acqua, cibo e lavoro ad attraversare il sahara col miraggio di una Europa spesso ostile.
“Transaqua-una idea per il Sahel”concludeva così la sua esposizione: “Le unità di misura dei costi di investimento non sono solo i milioni di dollari, ma l’assenza di guerre, i milioni di esseri umani sottratti alla fame, la pace sociale, la coscienza internazionale”.