La storia del progetto

TRANSAQUA è l’idea di una grandiosa infrastruttura multifunzionale per il continente africano, evoluzione di una ipotesi di progetto concepita nel 1972 dal Dr. Francesco Curato – all’epoca Amministratore Delegato di BONIFICA S.p.A. una delle più prestigiose Consulting engineering del Gruppo IRI-ITALSTAT – che nel trentennio ’60 – ’90 sviluppò importanti attività all’estero.

NigeriaIn quel periodo il Dr. Marcello Vichi – all’epoca dirigente di Bonifica impegnato nella individuazione e sviluppo di progetti agricoli soprattutto all’estero – ebbe dall’A.D. l’incarico di verificare, in via del tutto preliminare, la possibilità di “trasferire” un volume considerevole di acqua dal bacino del fiume Congo al limitrofo bacino del Lago Ciad valutando la possibilità, per superare lo spartiacque tra i due bacini, di pompare le acque utilizzando l’energia idroelettrica che si sarebbe potuta produrre durante la “caduta” della stessa massa d’acqua fino al livello del lago medesimo.

Agli “addetti ai lavori” erano già noti, all’epoca, i dati climatologici delle Agenzie Internazionali e le loro conseguenti estrapolazioni che paventavano in un prossimo futuro, un disastroso progressivo prosciugamento del Lago Ciad, fenomeno drammaticamente e puntualmente verificatosi nei successivi trent’anni con la conseguente distruzione di una economia agro-pastorale, sostegno, da sempre, di numerose comunità rurali del Ciad, del Niger, della Nigeria e del Camerun insediate sulle fertili rive del lago.

Dalle indagini preliminari condotte apparvero evidenti due fatti particolarmente significativi inizialmente non considerati: a) che lo spartiacque Congo/Ciad poteva essere superato senza ricorrere a complessi e costosi pompaggi  delle acque; b) che, oltre ai benefici diretti e indiretti conseguenti alla ricostituzione del livello del Lago Ciad (agricoltura, pesca, trasporti fluviali e ricostituzione di un habitat naturale contro la  progressiva desertificazione) si sarebbe potuta creare una rete di trasporti internazionali fluviali e stradali, di capitale importanza per ben 10 Paesi africani, con la previsione di sviluppi commerciali enormi  difficilmente  quantificabili.grottaLe conclusioni di queste prime indagini furono presentate al nuovo A.D. di BONIFICA, Ing. Renzo Rosi, il quale aderì con grande convinzione all’”idea” e autorizzò Marcello Vichi all’edizione di un documento promozionale chiamato “TRANSAQUA – Un’idea per il Sahel”.

Nel 1982 di tale documento, in tre lingue, e corredato da disegni e mappe geografiche, ne furono editate 500 copie, contrassegnate “BONIFICA SPA – IRI – ITALSTAT”, che vennero distribuite a tutti i Paesi africani interessati, nonché ad Autorità italiane e ad Organismi internazionali.

Questa stessa fase redazionale coinvolse l’interesse di alcune persone che vennero a conoscenza dell’”idea”, fra le quali l’allora Presidente di Bonifica, il Dr. Franco Bollati, oggi Presidente del VISES (Volontari per Iniziative di Sviluppo Economico e Sociale, ONG), che si prodigò per contattare la nostra Ambasciata a Parigi con l’intento di sensibilizzare le Autorità francesi particolarmente influenti sui territori francofoni interessati; l’ing. Ferdinando Smania, all’epoca Dirigente di Italstat, il quale suggerì, per l’”idea” in corso di redazione, il nome Transaqua, felice sintesi del doppio concetto di trasferimento idrico e di rete di trasporti; ma anche, “last but not least”, il compianto Padre Pusino, professore di greco e latino al Liceo “Calasanzio” di Roma, il quale, sposando l’idea fin dalla sua prima stesura, ne incoraggiò l’edizione suggerendo  intelligentemente un motto di Seneca apprezzabile da ogni credo religioso :”Hoc ab homine exigitur: ut prosit hominibus” (quello che si richiede all’uomo: essere utile agli uomini). 

Nell’Aprile 1984 Bonifica, sempre sotto l’egida ”IRI – ITALSTAT” editò, con il prezioso apporto professionale dell’Ing. Andrea Mangano – all’epoca dirigente responsabile del settore idraulico di Bonifica - un secondo documento promozionale “TRANSAQUA – ZAIRE” più focalizzato su questo Paese, cui fece seguito, nel Febbraio 1985, un terzo documento, “TRANSAQUA – CENTRAFRICA” che metteva in evidenza la posizione strategica della Repubblica Centrafricana e la sua posizione di “pivot” dell’intero Progetto.deserto

La successiva attività di approfondimenti e promozione dell’”idea” (non è mai stato definito “progetto” poiché è sempre mancato un vero e proprio studio di fattibilità tecnica ed economica che si poteva solo intuire ma non dimostrare e quantificare), fortemente supportata dall’allora A.D. Giorgio De Camillis, fu intensa e appassionata e riscosse molti consensi sia tecnici che politici ma, malgrado l’impegno della Società, l'"idea" non riuscì a decollare. Il motivo appariva sempre lo stesso: l’eccessiva ambiziosità e i costi dell’iniziativa.

Al fine di “internazionalizzare” maggiormente il progetto, il Dr. Luca Milano, all’epoca assistente per l’estero della Direzione Generale di Bonifica, coadiuvato da un consulente esperto di politiche africane, il Dr. Antonio Lesina, accompagnò nel 1987 il noto giornalista televisivo Mino Damato ad intervistare l’allora Presidente della Repubblica dello Zaire Mobutu Sese Seko, visto che, in fin dei conti, era il suo Paese che avrebbe dovuto fornire l’acqua per il Progetto, anche se lo Zaire stesso ne avrebbe tratto grossi ritorni economici. La reazione del Presidente in quella intervista fu di piena adesione e solidarietà al Progetto.
Nello stesso periodo l’allora Ambasciatore italiano a Kinshasa, il Dr. Farinelli, anch’esso intervistato in proposito, si espresse  in termini di assoluta adesione al Progetto, “l’unico che offra una soluzione al problema della sete nel Sahel”.

Incoraggiato dall'accoglienza dei Paesi africani interessati, lo stesso De Camillis volle affidare nel 1988 ad un regista professionista un esauriente filmato su Transaqua in versione italiana e inglese, da utilizzare in ogni utile occasione.

Il 27 Marzo 1988 nel corso di una trasmissione RAI (“Alla ricerca dell’Arca”, condotta da Mino Damato) il Dr. Bukar Shaib, all’epoca Presidente del Comitato per il salvataggio del lago Ciad, si dichiarò anch’esso convinto, ancorché consapevole delle enormi difficoltà di realizzazione, che il Progetto di Bonifica fosse l’unico che avrebbe realisticamente potuto salvare il lago ed il vasto territorio circostante che milioni di persone e di animali stavano abbandonando.Transaqua

Durante la stessa trasmissione M. Vichi illustrò i principali aspetti tecnici dell’”idea di Progetto”, della quale continuava ad essere il responsabile di commessa ed il referente aziendale. Intervistato da Mino Damato, il Dr. Bukar Shaib, illustre e abile politico nigeriano, annunciò che il Comitato per la salvaguardia del Lago Ciad aveva richiesto all’UNDP di finanziare gli studi per il progetto Transaqua.

L’Ambasciatore Patrizio Schmidlin, alla fine degli anni ‘80, in qualità di Direttore Generale della Cooperazione allo Sviluppo del Ministero per gli Affari Esteri italiano aderì, con grande convinzione, alla iniziativa e si adoperò per avviare il finanziamento di un primo Studio Preliminare di fattibilità, ma si ritenne che l’ampiezza e gli impegni derivanti dall’iniziativa, fossero tali da suggerire il coinvolgimento fino dall’inizio, di un Consesso Finanziario Internazionale di “bailleurs de fonds” piuttosto che della cooperazione di un singolo Paese.

Nel Gennaio del 1990, M.Vichi e L.Milano, su invito della Nippon Koei, una delle maggiori Consulting engineering giapponese con molti interessi in Africa, si recarono a Tokio per un incontro sull’argomento Transaqua ed in quella occasione vi fu un approfondito scambio di vedute circa la possibilità di avanzare nel progetto mediante una iniziativa congiunta italo-giapponese, ma l’incontro non ebbe alcun pratico seguito per la difficoltà di accordi sul piano finanziario.

Sempre nel 1990, L. Milano intervenne per illustrare il progetto Transaqua durante il corso di una sessione della Lake Tchad Basin Commission con sede a N’Djamena, alla quale partecipavano i rappresentanti dei quattro Paesi rivieraschi suscitando interesse ma anche scetticismo sulla possibilità di reperire finanziamenti adeguati per giungere ad un progetto di fattibilità.

L’ultimo tentativo per rilanciare TRANSAQUA fu effettuato, questa volta dell’IRI stesso, in occasione della “Seconda Conferenza  Mondiale sull’Ambiente” tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992. L’IRITECNA, per l’occasione, editò un numero speciale della sua rivista “I’M- IRITECNA MAGAZINE”, che elencava, fra le  proposte di progetto considerate più significative concepite dal Gruppo, anche “Un progetto italiano per salvare il Sahel”.

Dott. Roberto VaccaNella presentazione  del suo intervento alla Conferenza, cui partecipava anche l’ing. Roberto Vacca (in foto), convinto assertore dell’iniziativa, IRITECNA evidenziava che il Gruppo “può vantare al suo attivo, attraverso l’impegno di alcune delle sue partecipate che hanno operato con successo in tutto il mondo, una rara e complessa esperienza conquistata nelle aree più delicate del globo dal Sahel al Senegal, proprio in quel settore della tutela ambientale al quale è dedicato questo importante summit. Tutto ciò, sommato al pacchetto di progetti elaborati da IRITECNA (basterà citare fra tutti “TRANSAQUA” che prevede l’apporto nel Lago Ciad di circa cento chilometri cubici di acqua all’anno) rende quindi questo Gruppo uno dei più qualificati a prendere parte alla ridefinizione delle strategie di partecipazione dei Paesi industrializzati ai grandi piani di cooperazione internazionale”.

L’iniziativa suscitò il più vivo interesse presso un ristretto consesso di esperti altamente qualificati, ma non presso i responsabili politici, più attenti a dichiarazioni di principio che a proposte di pragmatiche soluzioni tecniche.

Passarono alcuni anni di apparente disinteresse per l’”idea”, finchè nel 1997 l’On. Publio Fiori, deputato di AN ed ex Ministro dei Trasporti, in una interpellanza parlamentare dell’11.06.97, invitava addirittura il Governo a considerare l’opportunità di dare corso all’ idea di Transaqua per tentare di pacificare, attraverso la sponsorizzazione di questa grandiosa opera, gli eccidi tribali che si verificavano ricorrentemente nella regione dei Grandi Laghi africani. Appena un mese dopo, il 18.07.1997, la giornalista americana Muriel Mirak–Weissback pubblicò (sia pur sbagliando di 10 anni -1992 anziché 1982 – la data di edizione di Transaqua) sull’ Executive Intelligence Review e su American Almanac il testo integrale inglese dei tre documenti Transacqua, stigmatizzando l’indifferenza e la mancanza di interesse dei Paesi occidentali nell’ignorare “The Transaqua Proposal”.

Intervenendo alla conferenza di Khartoum del gennaio 2001 sulla "Pace attraverso lo sviluppo nella vallata del Nilo" Uwe Friesecke (EIR), concludeva così il suo intervento: “Se l’occidente avesse voluto seguire una strategia responsabile per la pace e lo sviluppo dopo il 1989 ( o anche dopo il 1982-n.d.r.) avrebbe incoraggiato i leaders africani a cercare soluzioni in questa direzione. Invece Transaqua è rimasto nel cassetto e i protagonisti della geopolitica occidentale hanno fomentato la guerra nell’Africa centrale”.

Sempre Movisol pubblica il 31 Marzo 2006 il testo di un articolo del suo Presidente Paolo Raimondi “Alcune proposte programmatiche per uscire dalla crisi” al termine del quale cita, tra le grandi infrastrutture, Transaqua capace di contrastare l’avanzamento del deserto oltre che apportare  acqua, cibo e lavoro.

Merita di essere segnalato, infine, il ponderoso documento “Human Development Report 2006” edito dall’UNDP che pubblica il contributo di numerosissimi esperti, i cui interventi mettono spesso in rilievo la tragica problematica del Lago Ciad che sta scomparendo, ed uno di questi interventi cita proprio quanto il Dr. Bukar Shaib riferì in occasione dell’intervista di Mino Damato, ovvero la richiesta della Commissione per la salvaguardia del bacino del Lago Ciad all’UNDP di un finanziamento per studiare la possibilità di deviare una parte delle acque del bacino del Congo in testa al fiume Chari per rivitalizzare il Lago (senza mai citare Transaqua). “A tutt’oggi però – commenta l’Autore – i Paesi membri sono riusciti a raccogliere  solo sei milioni di dollari per uno studio di fattibilità. Con questo andamento, soltanto per ottenere un progetto, potrebbero essere necessari altri 10-20 anni”.

Nel 2001 M. Vichi – in occasione di una serie di viaggi per consulenze effettuati in Libia per conto dell’Ambasciatore Patrizio Schmidlin – ebbe modo di aggiornarsi sullo stato delle risorse idriche di quel Paese e dei grandi progetti stradali di collegamento con gli altri Paesi limitrofi africani e, supportato dal forte convincimento dell’ Ambasciatore Schmidlin, estese l’”idea di Progetto” ad una ipotesi di ricarica di alcune falde idriche del Sahara libico che da alcuni anni alimentavano, già fin da allora, la ciclopica opera in parte realizzata dalla Libia, il “GRANDE FIUME” (GMR - “GREAT MAN-MADE RIVER”) con il quale era in corso di risoluzione il problema idrico del Paese.

Il più grande acquedotto della terra, che attraverso una rete di circa 4.000 km di tubazioni, trasferiva , ormai da alcuni anni, un ‘fiume di acqua’ dalle profondità del deserto sahariano fino alla costa mediterranea della Libia, una volta ultimato – i dati dell’epoca (2000) ne prevedevano la ultimazione nel 2007 – si ipotizzava fosse in grado di  distribuire sei milioni di metri cubi di acqua al giorno, pari a circa due miliardi e duecento milioni di metri cubi annui, rifornendo di acqua il Paese sia per usi civici che irrigui.

Ma le riserve di acqua che alimentano il “GRANDE FIUME” non sono rinnovabili essendo di origini fossili e, quindi, soggette a limiti temporali stimabili in alcune decine di anni.Inoltre l’abbassamento delle falde derivanti dal continuo emungimento avrebbe forse potuto  determinare in seguito, un graduale decadimento della qualità delle acque.

M. Vichi, in quella occasione e con i dati raccolti sul posto, mise a punto una idea di progetto aggiornata, denominata INTERAFRICA, con la quale si ipotizzava, per la prima volta, di rendere “perenne” l’opera del “GRANDE FIUME” con la “ricarica” di alcuni acquiferi sahariani in territorio libico a partire dal Lago Ciad – a sua volta “ricostituito” con le acque del Fiume Congo - e l’innesto della viabilità libica a sbocco mediterraneo (N’Djamena – Tripoli), con le grandi direttrici viarie Est-Ovest di collegamento fra Lagos e Mombasa.

INTERAFRICA, editato anche in inglese e arabo, fu dall’Ambasciatore Patrizio Schmidlin sottoposto, in via informale, all’attenzione delle Autorità libiche nel 2001 L’improvviso decesso dell’Ambasciatore non consentì l’approfondimento della proposta, né di accertarne il suo reale interesse.

Nota: Questo “cenno storico” ha il solo ed unico scopo di fare chiarezza su alcune inesattezze che, durante questi lunghi anni, sono state riportate dalla stampa internazionale e di lasciare una traccia scritta sulla reale storia di queste “idee di Progetto” e delle persone che vi credettero e che contribuirono a mantenere vivo l’interesse e a  promuoverne l’immagine. Molte di loro non ci sono più ma, se ci fossero, ci crederebbero ancora oggi, più di ieri. Residua la speranza che qualche Organizzazione Internazionale, nel quadro delle tante conferenze sull’argomento, abbia il coraggio di assumersi la responsabilità di avviare una iniziativa a livello dei problemi africani, ammesso di essere ancora in tempo.